I primi studi sul Lago d’Orta risalgono alla seconda metà dell’Ottocento e si inseriscono in una discussione sulle Alpi, specialmente quelle Pennine. Gastaldi, nelle sue memorie sulle Alpi occidentali, già diceva che c’era tanto da studiare sulle Alpi Pennine nonostante i lavori precedenti:
“Molto si è detto, moltissimo si è scritto sulla costituzione geologica delle Alpi Pennine e tuttavia io ho l’intima convinzione di non far torto ad alcuno dicendo che, nonostante i lavori più rimarchevoli, quelli del Lory, del Favre, del Gerlach, una gran parte della geologia di quelle regioni è ancora da farsi o da rifarsi”.
Il suo allievo, Carlo Fabrizio Parona, prese sul serio questo invito e si concentrò sulla geologia del bacino del Lago d’Orta.
Parona fu il primo a notare che l’emissario del lago esce a nord del bacino a causa di un rilievo glaciale che blocca il torrente Strona ad ovest di Omegna, costringendolo a scorrere verso nord fino al fiume Toce invece che confluire direttamente nel lago.
Nel 1897, Giovanni De Agostini approfondì ulteriormente la geografia e la topografia del lago, utilizzando l’ecoscandaglio per misurare la profondità dell’acqua e tracciare linee isobate ogni 10 metri. Il professore Pietro Pavesi aveva già effettuato rilevamenti simili dal 1884, mentre il conte Enrico Morozzo della Rocca li aveva iniziati qualche anno prima.
De Agostini attribuì le diverse profondità delle parti nord e sud del lago all’azione glaciale su rocce diverse, graniti più erosi rispetto a scisti e gneiss, trovando che il ghiacciaio aveva incontrato la briglia granitica Ronco-Crabbia, meno profonda.