Fonte: cnrweb.tv
Per contrastare la grave acidificazione del Lago d’Orta i ricercatori dell’Istituto Italiano di Idrobiologia studiarono e proposero un intervento di “liming”, cioè di immissione di carbonato di calcio (CaCO3) la cui basicità aveva il ruolo di riportare il pH delle acque ai livelli pre inquinamento.
Per approfondire:
L’inquinamento del lago
In base ai valori del pH e delle quantità di ammonio non ossidato fu calcolato un utilizzo di circa 17.000 tonnellate di carbonato di calcio. Il piano d’intervento fu approvato dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Novara, e finanziato nel 1987, diventando uno dei Progetti italiani per l’Anno Europeo dell’Ambiente. La direzione scientifica fu affidata ad Alcide Calderoni.
Per l’operazione, fu allestita una barca chiamata “Sant’Angelo” (28 metri di lunghezza, 6 metri di larghezza, 150 tonnellate di portata netta), dotata di un tubo per versare il materiale nel lago, inizialmente verso l’alto e poi direttamente sotto il pelo dell’acqua. L’intervento si svolse tra maggio 1989 e giugno 1990, da Gozzano fino all’Isola di San Giulio, nonostante il progetto iniziale prevedesse di percorrere tutta la lunghezza del lago fino a Omegna.
Durante l’intervento, il lago fu monitorato con sonde multi-parametriche e ogni quindici giorni venivano controllati i parametri chimici a diverse profondità in tre stazioni di campionamento: Buccione, Pettenasco e Qualba.
Un’accurata descrizione dell’intervento di liming fu pubblicata, oltre che da diverse riviste scientifiche, anche dalla rivista “Le Scienze”.
Tra Orta e Pella fu posizionata una piattaforma galleggiante chiamata “MAFALDA”, dotata di sensori di temperatura e conducibilità, con misurazioni dalla superficie al fondo. Questa piattaforma fu realizzata in collaborazione con il Joint Research Center (JRC) di Ispra, dove de Riccardo de Bernardi, allora direttore dell’Istituto di Idrobiologia, aveva iniziato la sua carriera.
Sergio Piazza, elettrotecnico dell’Istituto, si occupava di scaricare le registrazioni e portarle ai ricercatori per monitorare quasi in tempo reale la risposta del lago al liming. I dati raccolti venivano poi elaborati grazie al centro di calcolo permanente dell’Istituto.
Il liming si concluse nel giugno 1990 grazie alla collaborazione tra CNR-III, CNR-IRSA, JRC Ispra, le Università di Milano, Bologna e Parma, i Servizi di Igiene Pubblica delle USL, il Consorzio Depurazione Acque Reflue Cusio e il C.R.T.N. – ENEL di Milano. Furono impiegate 15.000 tonnellate di carbonato di calcio invece delle 17.000 previste.
Il costo totale del liming fu di 657.962 euro, finanziati per il 90% dal Ministero della Salute e per il 10% dalla Provincia di Novara. Ulteriori 167.000 euro furono necessari per completare l’intervento e quasi 77.000 euro furono spesi per le ricerche coordinate dal CNR III. Il costo del materiale usato risultò molto basso, circa 1 euro per metro cubo di acqua trattata, perché venne utilizzata la polvere residua della frantumazione del calcare di una cava nel lecchese. L’unico costo aggiuntivo fu per il trasporto del materiale.